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Resident Evil: Retribution - Recensione

26/09/2012 | Recensioni |
Resident Evil: Retribution - Recensione

Puntuale come un orologio atomico, ecco il quinto atto della saga, il secondo girato in 3D dopo il numero quattro. Scrive e dirige, ancora, Paul Wes Anderson. Si comincia dove “Afterlife” si chiudeva. Mentre le truppe comandate da Jill Valentine attaccano i prigionieri dell’Arcadia, Alice è colpita e perde conoscenza. Risvegliatasi da prigioniera nella sede della infida Umbrella Corporation, riesce a liberarsi grazie al suo vecchio nemico nonché capo della Umbrella Paul Wiskers.  Questi le rivela che il computer Regina Rossa è sfuggito al suo controllo ed è deciso a sterminare la razza umana. Solo Alice può salvare il mondo, e per riuscirci dovrà prima evadere da quel luogo infernale, avvalendosi di tutto l’aiuto esterno possibile.  Il quarto capitolo aveva toccato il fondo della noia commercializzata, trattandosi di una scialba sequela di combattimenti dove gli oggetti venivano scagliati contro il pubblico in sala nel tentativo di nascondere l’assenza di uno straccio di idea. In “Retribution” si nota un miglioramento, anche in una maggiore attenzione ai personaggi, però il giudizio complessivo raggiunge a stento la sufficienza. Probabilmente il Resident Evil su celluloide si porta dietro da sempre un difetto situato alla base, nel concetto su cui si fonda la sua macchina da soldi. Un videogame di genere “survival horror” è concepito per essere vissuto, giocato , assaporando la tensione ed il terrore connessi alla scoperta ed alla sorpresa. Se è chiaramente impensabile rendere quelle sensazioni attraverso un medium passivo come il cinema, sta di fatto che un action sparatutto (condiscilo quanto vuoi con violenza, mostruosità raccapriccianti, sangue e belle figliole forzute) non è un horror. Eppure un’altra via sarebbe praticabile per rendere lo spirito e le atmosfere del gioco, ed è paradossalmente proprio il palpitante inizio di questo film ad indicarcela. I primi minuti, chiaramente ispirati al prologo dell’”Alba dei morti viventi” (2004) di Zack Snyder, sono infatti alcuni gradini al di sopra di quanto proposto fin qui dall’intera serie. Molto semplicemente fanno saltar fuori una componente fondamentale nel videogame e clamorosamente non pervenuta nei film precedenti: la paura. Queste allettanti premesse lasciano pregustare un episodio da cineteca, e come volevasi dimostrare vanno in fumo nel giro di poche sequenze. Tempo di fare indossare alla splendida protagonista una tuta nera aderente, e si precipita in una bolgia fracassona senza brividi né stile. Gli scontri a fuoco sovrabbondano, il montaggio è schizofrenico, fioccano i compiacimenti da videoclip e le lungaggini stucchevoli. Grandi effetti speciali, certo, oltre ad un 3D non fastidioso ed anzi indispensabile per fruire dello spettacolo nella sua forma completa. Milla Jovovic è inoltre una Alice carismatica e grintosa al punto giusto, sebbene la sua gamma espressiva rimanga quella di un Dolph Lundgreen in gonnella. I fan più irriducibili (della Jovovic, non del videogame) possono divertirsi, a tratti. Ovviamente il finale spalanca le porte ad un ennesimo sequel.

 


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